Questo cuore che batte come un tamburo, è attaccato alla Vita.
La notte passerà come una belva.
Sogno i cani che nuotano nel grande lago verdeceleste dei miei occhi, la mia anima si contorce come un panno strizzato, mi giro nel letto e mi aggrappo al cuscino.
Non so chiedere.
Non so chiedere e questa è la mia maledizione.
Avrei voluto fermare il pennello di mio padre e chiedere: "Perché mi hai dipinto con gli occhi a mandorla? Chi sono io?"
Epicanto si chiama.
Mio padre non c'entrava nulla, c'entrava mia madre e i suoi mitocondri sciamani.
Sognai d'essere incinta di un maschietto, un mese prima di concepirlo.
Ricordo che mio figlio nacque con gli occhi a mandorla, sembrava un Inuit. Ero fiera di lui. Sì, ero fiera di questo piccolo coi capelli prima rossi, poi biondi, poi castani. Mio figlio mi succhiava il mento al posto del ciuccio.
Una deriva di un mare di fuoco. Mi ricordo che in sogno tenevo un teschio tra le mani, e mi ricordo del sapore del cervello in sogno... eravamo cannibali?
Forse la terra, la sabbia, l'erba, le croste delle mie ferite, tutte cose che mangiavo da bambina.
Ricordo il mio primo mazzolino di mimose, per l'otto marzo. Me lo portò un ragazzo, ero veramente commossa e iniziai a staccare le palline coi denti, finché non le inghiottii tutte.
La natura mi ha sempre emozionato.
Fare l'amore, andare a cavallo, tirare con l'arco, dormire in tenda, fare il bagno nella vasca con i miei uomini e con le mie piccole anatre, svegliarmi bimba di nove mesi in una cesta in mezzo alla neve, sono stati i momenti più belli della mia vita.
Vorrei morire fra le tue braccia, quando mi dici: "Piccola pazza, mia piccola selvaggia, i tuoi antenati erano Goti incrociati con gli Unni, o Russi, che scopavano con gli abitanti del Circolo Polare Artico".
Questa mia poesia di grande tenerezza.
Sì, vorrei morire d'Amore, oppure farti morire impalato.
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