ululato da Pralina alle ore 03:53 martedì, 23 gennaio 2007
Io non so che si può scrivere alle 4 e mezzo del mattino, ubriaca persa come sono tornata a casa, ubriaca no, diciamo come sono ora, che non essendo abituata a bere (non più) ed essendomi ci vi si mi si, scolata vino e cocktails in una quantità superiore al dovuto... e la colpa è anche di sifossifoco con il quale ho avuto un incontro molto bello nel cesso del Centro Popolare Autogestito mentre mi aggiustavo il rimmel e che per prima cosa mi ha detto "Ma guarda che bella fica" una roba fiorentina che significa più o meno tutto e nulla ma che può fare anche piacere specialmente a una certa età, e che anche lui mi ha offerto da bere... beh, non è stato un riconforto morale sentire gli uccellini tornando a casa con Giò, l'aria è troppo mite per gennaio e io sono preoccupata per l'effetto serra: temo che saremo costretti a mangiare fragole e asparagi tutto l'anno. Scusate, ora magari dal mio aspetto non sembra, ma devo ancora smaltire i postumi, e allora faccio un post... tanto sono sicura che mi volete bene lo stesso e che non mi sgriderete per questo. Posso fare un rutto?
Il defilé di bassa moda è andato così bene che non avrei mai cruto (termine nuovo di pacca, melangiato col fransé). Cosa dire della sfilata? E' andata veramente bene, c'era tanta gente nella sala del cinema, tanta che forse non c'è nemmeno alle presentazioni di un grande scrittore che forse si fa vestire da Rocco D'Abbiocco, da Tony Merdace non so. Ma soprattutto ci siamo divertiti. E questa è l'unica cosa che conta. Appena posso metto le foto e i testi. Buona alba a tutt*! Due bei resoconti della soirée sui blogghi di sifossifoco e Tirabaralla. Permafrost ¦commenti (38)
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categoria : riflessioni semiserie, luoghi, e20 eventi
martedì, 23 gennaio 2007
Sono stato invitato alla prima sfilata di bassa moda della mia vita. Nel suggestivo scenario del Centro Popolare Autogestito di Firenze. Devo confessarlo: all’inizio ero un po’ sulle spine. Io non so mai da che parte cominciare con queste cose. Di solito c’è chi le fa per me, e io non posso far altro che lamentarmene. Al CPA sono stati invece carinissimi: mi hanno autogestito subito. Appena entrato una tizia molto gentile mi ha fatto fumare un pezzetto della sua sigaretta artigianale. Poche boccate e sono entrato nella location. A differenza di altre sfilate, qui la location è totale: un museo d’arte contemporanea in una città che non ne ha mai previsto uno. La sfilata di bassa moda diffusa ovunque. Decine e decine di modelli e modelle dappertutto, in un realismo perfetto. Un tizio al secondo piano indossa uno smoking nero con risvolti di raso su un lupetto blu. Mi chiede due euro di associazione e se ho portato un bicchiere di vetro da casa. Trovo che tutto sia geniale, a partire da questi dettagli. Sono convinto che i bicchieri donati dagli ospiti un giorno non lontano saranno i pezzi di un’installazione d’arte. I modelli sfilano attorno a me, ovunque. C’è chi beve, chi fuma, chi funambolicamente riesce a fare entrambe le cose. La regia ha previsto l’inserimento di alcuni cani nudi, per aumentare la percezione di abiti e tendenze. Davanti al bar un gruppo di giovani interpreta le nuove tendenze del neorude. La barista in borsalino nero mixa abilmente vodka, pepe, succo di arancia, birra e dieci gocce di radicchio trevigiano in un unico cocktail di cui mi sfugge il nome. La parola d’ordine è il basic. Una sorta di primordiale il cui registro è un’eleganza senza orpelli, sacrale, votata al filosofico. Nelle numerose sale, tutte affollate, nessuno usa profumi. Tra la pelle e la moda indossata si è voluto creare un connubio senza intermediazione: pelle e tessuto, sudore e creatività, emanazione, emanazione, emanazione. Ci vuole un coraggio da matti, nessun grattachecca e fighetto abituato alla moda tutta filtri e photoshop saprebbe resistervi. La toilette adiacente al bancone del bar è una quinta teatrale in rosso pompeiano. Vedo riflessa nel grande specchio Pralina, l’artefice (anche con Tirabaralla) della sfilata. E’ assorta. Ripassa a mente il copione del clou finale. Mi spiace quasi disturbarla, e vorrei avere più braccia per riuscire a abbracciarla tutta, tanto è dolce. La sfilata è attorno a noi, ma ben presto mi rendo conto anch’io d’essere finito come un vecchio spettacolo del living theatre a formare assieme a lei un quadretto vivente. Lei seduta su una poltrona trono, io ancora fasciato nel cappottino su un largo bracciolo a parlare. Altri quadri viventi attorno a noi. Una ragazza poco distante, sulla poltrona gemella, balla un cheek to cheek da ferma con la sua amica. Un tizio sfoggia tra il naso e gli orecchi un look da fabbroferraio. Nel corridoio principale altri artisti lavorano a pezzi di moda unici: un tizio s’è fatto un cappello di mouse, un altro intreccia seduto all’indiana un tappeto sul telaio di una rete metallica da letto, un altro ancora ha lavorato con un uncinetto alto due metri un centrone intrecciato di shopping bag. Ogni banalità della moda è dissacrata, sviscerata dall’interno. Un fotografo di Vogue con attico a Place Vendôme potrebbe morirci qui dentro o farci miracoli. Ogni centimetro quadro di pavimento, moquette, corpi in movimento pone degli interrogativi. Ti aspetteresti ora la sfilata vera e propria, il monkey business. Invece nuovo colpo di scena: un vecchio proiettore 16mm inizia a sferragliare. Sullo schermo prendono corpo le immagini di Una notte sui tetti, con Groucho, Chico e Harpo Marx… la pellicola è una piccola delizia che comprende la prima apparizione di Marylin Monroe. Una quarantina di secondi. La guardi e capisci il mito: è di una bellezza sconvolgente. Dopo la proiezione c’è l’intermezzo musicale. In mezzo alla proiezione un attore professionista finge di essere un disturbatore ubriaco e peruviano. I modelli accennano passi giamaicani. L’ultima parte della sfilata è un culmine di sensazioni. Una parodia perfetta, una Pralina regina del palcoscenico, microfono in mano e testi rappati, precisi e taglienti. T’immagineresti un frenetico dietro le quinte, se non fosse che tutto ciò sta già avvenendo dietro le quinte. In una vicinanza mai vista. E’ la fine, scrosciano gli applausi, c’è ancora il tempo per scattare qualche foto. Sono le due e mezzo del mattino. Beato il mondo della moda che può tirar tardi senza altre sveglie sul comodino. Un abbraccio, un saluto, un ultimo tiro di quelle sigarette così artigianali. Diluisco un ultimo cocktail in un lago di birra offerto al buffet. Ho la testa piena di idee e il cuore che si addolcisce in un ricordo. Se non faccio in fretta ad arrivare a casa, la notte mi stritolerà.
sifossifoco l'ha detto alle 23/01/2007 23:45 e te icché tu ne pensi? commenti (14)
Commenti
#2 24 Gennaio 2007 - 09:10
da come descrivi l'evento, immagino che una seppur lieve traccia di quelle emanazioni ti sia rimasta nel cuore.
#5 24 Gennaio 2007 - 11:26
il bello non è dirle le cose. il bello è la voglia di dirle. tu con la penna, altri con ago e filo, oppure microfono e uncinetto. viva l'onestà che si legge, si ascolta, si vede. e viva chi ci crede.
#6 24 Gennaio 2007 - 12:15
Uhm...io invece ho il ricordo di un gran casino, della Prali briaha e di essere sprofondata in una poltrona ad un certo punto...te sei parecchio + poetico :)
#8 24 Gennaio 2007 - 12:54
PS il mio punto di vista è qui:
http://tirabaralla.splinder.com/1169638768#10681142
#10 24 Gennaio 2007 - 14:19
peccato, mi sono perso una bella seratina..
E' anche vicino a casa.. Sarà per la proxima volta.
#12 24 Gennaio 2007 - 20:04
La Patafisica riconosce il marxismo di tipo Groucho, come l'unico marxismo possibile.
#14 30 Gennaio 2007 - 16:39
esprimerò il mio disappunto oggi alla radio h 17,15
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giovedì 9 febbraio 2012
23 gennaio 2007
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