Sono sensibile perché la vita è tale, si nasce nudi e indifesi da una madre aperta, l'unico canale che ci fa scivolare nel mondo è rosso come il fuoco e morbido come le viscere della terra. Si resta teneri finché c'è acqua e follia nel nostro organismo, finché si danza, sogna, emoziona, piange, piscia, caga. Si nasce nel dolore e nel dolore si vive, non c'è dolore nella morte, secca, dura, inerte, non c'è acqua nell'abisso nero. Così come non c'è vita ma solo morte nei rituali umani consumati, nelle convenzioni sociali, nell'ipocrisia, nel consumismo, nella televisione... sono momenti in cui ogni emozione è sospesa, rinchiusa, negata, i comportamenti devono essere omologati. Rivendico il diritto di piangere e di disperarmi, così come invento, racconto, rido, sono allegra e sono utile quando ti faccio divertire. Ho capito che la mia sensibilità ti spaventa, ma io sono più spaventata per l'insensibilità, per la maleducazione, per l'inciviltà, per la violenza, per la crudeltà, o ancora peggio, per la mancanza di umanità di questa società umana. Se provo dolore è perché sono viva, non vivo per provare dolore ma ho accettato questo amaro prezzo per sentirmi viva, e così non ho mai preso psicofarmaci e ansiolitici nemmeno per dormire. Io voglio sentire il mio dolore che mi scava dentro e non voglio fuggire dal mio dolore e, anzi, aspetto il mio dolore per trasformarlo in amore e in gioia. Sono sensibile quando infilo il mio muso sotto le coperte e ti faccio sentire il paradiso, gli occhi chiusi ti portano nell'iceberg di lava incandescente, allora benedici il mio essere sensibile come una rivelazione, il mondo è tutto sulla mia pelle e nella mia vagina. Sono sensibile perché sono un po' nordica e un po' ebrea, spagnola, vichinga, mongola, venusiana; sono la sciamana unna che attraversa il fuoco, la marrana conversa inquisita da Torquemada, la ragazza sicula con la pistola, la walkiria dalle bionde trecce che cavalca sospesa sopra le nuvole, l'arzdora romagnola che fa i passatelli china sul tavolo coi seni offerti alla vista del suo uomo. Sono sensibile e questo è il prezzo per scrivere e dipingere, non riesco a immaginarmi Frida Kahlo come una tranquilla impiegata, non so pensare a un mondo senza Sylvia Plath, anche se Sylvia Plath ha fatto a meno del mondo. Sono pazza e fuori di testa, come hanno definito Alda Merini, ci ho avuto culo, non sono mai finita in un manicomio, ma di quaderni ne ho scritti a fiumi e li ho stipati dentro un armadio a muro. Non voglio essere definita poetessa e non ambisco a premi letterari, preferisco che mi si conceda il diritto d'essere sensibile. Sensibile troppo, e troppo sensibile. Serve a qualcosa? No. Non serve vivere. Vivere da servi, ancora meno. Le immagini dei bambini sotto le case accartocciate ad Haiti, mi spezzano il cuore. Non posso farci niente, mi spezzano semplicemente il cuore. Sarà perché sono madre e ho ancora le mestruazioni. Sarà perché non fingo di essere sensibile, sensibile lo sono veramente. Sarà perché è lo stesso dolore, la stessa rabbia che ho provato quando leggevo un libro di testimonianze sulla guerra nella ex Yugoslavia. Allora, quello stronzo del mio ex amante mi disse "Non sarà che sei troppo sensibile? Dovresti fregartene di più e piangere di meno". Allora io sulla testa del mio ex amante ci avrei cagato, perché lui non aveva mai avuto figli e non poteva sapere cosa provi quando i mercenari ti stuprano una figlia di 11 anni davanti, in gruppo. Sono sensibile perché non porto una divisa, perché non sono divisa, perché non ho la divisa nel cervello... perché mi sento una cosina d'argilla plasmata dalla pioggia, una farfalla che stenta a volare per troppo fango, ma che ha dentro tutti i colori del volo.
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